Sui social network si leggono spesso, parlo degli aforismi riguardanti la fotografia. Il mio preferito è di Henri Cartier-Bresson: “Le tue prime 10,000 fotografie sono le peggiori” Suggerisce l’umiltà che ogni buon fotografo dovrebbe avere, quella di allenarsi e non dare per scontato che poche foto ben riuscite siano una garanzia di successo. Ma non è una citazione molto gettonata, non la leggo mai. Mi rendo conto che la cifra possa spaventare ma diecimila fotografie si producono mediamente in una trasferta di una settimana, in fondo sono poche per potersi sentire a proprio agio con la materia. Andate a fotografare una partita di calcio ad esempio, uno degli sport più complicati. Poi raccontatemi cosa siete stati in grado di produrre in una sola sessione. In Italia i fotografi veramente capaci sui campi sono pochi. Non a caso, ci vogliono anni di esperienza, bravura e tanta tachipirina per diventare esperti di pallone.
Di HCB va molto “E’ un’illusione che le foto si facciano con la macchina… si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa”. Questa frase piace di più perché fa sentire artisti, toglie valore al mezzo e attribuisce tutti i meriti all’esecutore. Ed è una buona idea, una foto che piace a noi potrebbe non avere lo stesso effetto sugli altri, ci possiamo giocare la carta ed attribuire la responsabilità ai limiti del mezzo. Ma bisogna ammettere che saper usare bene macchine ed ottiche professionali sia di per se una capacità generata dall’applicazione e dallo studio, non un talento. Ma quando venne pronunciata la sentenza del famoso Henry? Nel 1947, quando fondò la Magnum. Impossibile ora vantarsi che dipenda sempre e solo dal talento, noi che partiamo tutti avvantaggiati di 75 anni di tecnologia dove il più stupido dei nostri cellulari è di gran lunga superiore a molte macchine in circolazione all’epoca.
Molti grandi fotografi si sono espressi riguardo l’importanza del talento artistico come linfa vitale per la realizzazione di un Fotografo con la effe maiuscola, la cosa è talmente scontata che mi meraviglio pochi abbiano avuto il pudore di non replicare all’infinito lo stesso concetto. Ma quanti grandi Fotografi possiamo contare? Diceva Neil Leifer: “La fotografia non mostra la realtà, mostra l’idea che se ne ha” giustissimo, è un’interpretazione, significa che se una nostra foto è simile a molte altre in analoghe situazioni non abbiamo interpretato ma riprodotto come una fotocopiatrice. La foto sarà ben realizzata tecnicamente, ma probabilmente noiosa e la noia è imperdonabile, nessuno ama annoiarsi.
Vedo molte foto ineccepibili eppure così ovvie da infastidire, riguardano soprattutto i ritratti. Le modelle sono inespressive, inanimate e la luce perfetta rende ancora più evidente l’imbarazzo. Ultimamente va molto il sangue, le corde stile sadomaso. Ultimamente da noi intendo, perché all’estero andava 20 anni fa e ora se provi a proporre una modella con le occhiaie dipinte e qualche livido ad un’agenzia londinese o di Amsterdam ti trattano da primitivo. Lo stile androgino? Vi dice nulla David Bowie? Beh insomma, datato pure quello, l’avanguardia non è il nostro forte o meglio resiste la tradizione, che non vende.
Molte foto non fanno mai allegria, fateci caso. Eppure sono le foto divertenti quelle intramontabili, “divertenti” attenzione non volgari. Fate un esperimento, se pensate ad Einstein quale foto vi viene in mente? Pur tuttavia era uno scienziato, non un pagliaccio. Sarebbe diventata l’immagine più clonata della storia se non avesse rappresentato un paradosso, una espressione inaspettata? Viceversa se immaginiamo un clown ci appare un volto dipinto con la lacrima e le labbra inclinate, eppure dovrebbe far ridere. La sorpresa attrae, non la prevedibilità, è un linguaggio universale, immediato, immortale.
Credo che in questa epoca serva un messaggio positivo, come sempre accade nei periodi di crisi. La pubblicità sta correndo ai ripari, proponendo disimpegno e spensieratezza; eppure in fotografia nel nostro paese sembra rimanere tutto a 50 anni fa. Il mio piccolo suggerimento è di sperimentare: invece di ritrarre la vostra modella/o come se fossero dei manichini provate a fargli fare qualcosa, un salto. Anziché con il ketchup simil sangue usiamo il ragù fatto in casa, diamo loro vita, carichiamo le batterie, inventiamoci qualcosa. Anna Geddes dice: “La cosa più difficile in fotografia è rimanere semplici” Mario Giacomelli risponde: “La fotografia è una cosa semplice. A condizione di avere qualcosa da dire“.
Concludo con l’epitaffio: “L’unica fotografia che mi sento di escludere è la foto di me stesso morto” ma non prendete alla lettera Oliviero Toscani, il mondo non reclama tutte le foto che produciamo a meno che non giungano dopo le prime 10 mila suggerite da Bresson.
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